Se spesso il nostro Paese viene descritto – dal punto di vista giovanile – come quello dei Neet (chi non studia e non lavora), la narrazione deve essere completata anche includendo gli Eet, cioè i giovani che ce la fanno:
vincono la crisi con servizi avanzati e web. Eet sta per Employed-Educated and Trained, cioè quelli che ce la fanno, sfruttano le competenze acquisite e guardano all’attività d’impresa. Questi giovani sono oggi 175.000 (studio Censis/Confcooperative), distribuiti in tutto il Paese (24,7% nel Nord-Ovest, il 15,7% nel Nord-Est, il 18,5% nelle regioni centrali), ma nel Mezzogiorno la quota raggiunge il 41,1%. È un segnale positivo, che cerca di contrastare – con altre modalità – la disoccupazione giovanile sempre molto alta al Sud, soprattutto per quanto riguarda le donne e che causa quella “fuga di talenti” verso il Nord, già costata al Paese oltre 5 miliardi di euro negli ultimi 10 anni.
Rispetto ai Neet, purtroppo il nostro Paese è ancora al primo posto nella particolare classifica europea in materia di questi giovani tra i 20 e 30 anni che né studiano né lavorano. Dal 19% del 2008, l’Italia è passata al 25-25 %. Si tratta di circa 2 milioni e 300 mila giovani.
Giovanni Campgnaoli
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