Certo, conosciamo l’Europa, le sue politiche, il mercato del lavoro, l’occupazione e la disoccupazione dei giovani. Ma che succede nel resto del mondo? Il rapporto dell’ILO “Tendenze globali dell’occupazione giovanile 2015”, pubblicato ad ottobre scorso, ci apre una finestra sul mondo.
Si tratta di un rapporto ricco di dati e informazioni, con l’obiettivo di aiutarci a comprendere quali siano i principali risultati in merito alle tendenze del mercato del lavoro per i giovani e quale sia stata la politica di investimenti per promuoverne l’occupazione.
La prima buona notizia riguarda il tasso di disoccupazione giovanile: non è più in aumento e si è finalmente stabilizzato al 13,1%, anche se il livello è tuttora più alto di quello pre-crisi, pari cioè all’11,7%. Vediamo come è diminuito il tasso di disoccupazione giovanile nel mondo: dell’1,4% nelle economie sviluppate e nell’Unione Europea, di 0,5 punti percentuali o meno in Europa Centrale e Sud-Est Europa, nella Comunità degli Stati Indipendenti, in America Latina e nei Caraibi, nell’Africa Sub-Sahariana. Nelle rimanenti regioni – Asia dell’Est, Sud-Est asiatico e Pacifico, Medio Oriente e Africa del Nord – si è registrato un aumento del tasso di disoccupazione giovanile tra il 2012 e il 2014.
Il tasso globale di disoccupazione giovanile rimane ancora alto, ma il numero dei giovani disoccupati è diminuito. Questo è certamente un dato interessante: il numero dei giovani disoccupati è sceso da 76,6 milioni, registrato al culmine della crisi nel 2009, a 73,3 milioni nel 2014. Ciò è dovuto alla diminuzione del numero dei giovani nella popolazione attiva ma anche all’aumento dell’ingresso dei giovani nel sistema educativo. I giovani sono più istruiti! Se prendiamo in esame, però, i Paesi a basso reddito, osserviamo che i più giovani abbandonano prematuramente la scuola per iniziare a lavorare: in questi Paesi il 31% dei giovani non è in possesso di titoli di studio, rispetto al 6% nei paesi a reddito medio.Il tasso di disoccupazione giovanile aumenta in coerenza con il livello di istruzione raggiunto in Asia e nel Pacifico, in Medio Oriente, Africa del Nord e Sub-Sahariana. I giovani che hanno completato la loro formazione universitaria in queste regioni hanno da due a tre volte più probabilità di essere disoccupati rispetto ai giovani con istruzione primaria o inferiore. Nelle regioni ad alto reddito, sono i giovani con basso livello di istruzione che affrontano la sfida più significativa nella ricerca del lavoro.Certo, persistono importati problematiche che richiedono soluzioni. Tra le principali, la qualità del lavoro: la possibilità di trovare un posto di lavoro dignitoso riguarda milioni di giovani in tutto il mondo. La disoccupazione di lunga durata è un altro aspetto della crisi che desta preoccupazione. La percentuale di popolazione giovanile al di fuori dei percorsi di occupazione, istruzione e formazione (NEET) ha raggiunto il suo picco nel 2010, nel 2012 nell’Unione europea. La percentuale di giovani NEET nell’Unione europea ha iniziato a scendere dal picco del 13,1% nel 2012 al 12,4% nel 2014: oltre un terzo dei giovani disoccupati è alla ricerca di un lavoro da più di un anno.Vista dal livello del reddito, c’è una più alta incidenza della disoccupazione di lungo termine nei Paesi a basso reddito rispetto a quelli a reddito medio-alto (rispettivamente 43,4% e 40,9%).
Come avviene la transizione dei giovani dalla scuola al mercato del lavoro? Per i giovani in cerca di un posto di lavoro stabile, il periodo medio di transizione è di 19 mesi. Un giovane con istruzione universitaria impiega un terzo del tempo necessario a un giovane con un grado d’istruzione primaria. Le giovani donne sono, inoltre, più colpite dalla disoccupazione. A livello globale, le differenze di genere nei tassi di occupazione sono minime, ma in alcune regioni del mondo, Medio Oriente e Nord Africa, il tasso di disoccupazione delle giovani donne supera quello dei giovani uomini rispettivamente di 22 e 20 punti percentuali. Inoltre, la transizione dalla scuola al mondo del lavoro è più lunga per le giovani donne rispetto agli uomini della stessa fascia d’età.
Le economie dei Paesi in via di sviluppo continuano ad avere seri problemi di sottoccupazione strutturale, di povertà dei giovani lavoratori e di una forte economia informale. Circa 169 milioni di giovani lavoratori in questi Paesi guadagnano meno dell’equivalente di 2 dollari al giorno. Poi, ci sono i lavoratori considerati quasi poveri, che guadagnano meno dell’equivalente di 4 dollari al giorno. Ecco che il numero dei giovani lavoratori poveri e quasi poveri sale a 286 milioni.
Le tendenze dell’occupazione giovanile sono certamente migliorate rispetto agli anni precedenti ma la ripresa non riguarda tutte le aree e i Paesi del mondo. Quasi il 43% della popolazione attiva giovanile nel mondo è tuttora disoccupata o lavora in condizioni di povertà.
Ma vediamo quali sono i rimedi secondo gli autori del Rapporto dell’ILO. Innanzitutto, le strategie per promuovere l’occupazione dei giovani dovrebbero articolarsi in una combinazione di politiche macroeconomiche, politiche del lavoro e dell’occupazione, e altri interventi specificamente destinati ai giovani, in particolare i più svantaggiati.Le politiche dovrebbero offrire incentivi fiscali, sostegno allo sviluppo di infrastrutture, sviluppo di norme per le imprese che operano in settori ad alto potenziale di occupazione. Anche l’effetto positivo degli investimenti pubblici sull’occupazione giovanile può essere massimizzato, facendo in modo che i giovani lavoratori abbiano le giuste competenze e siano supportati nella corrispondenza tra domanda e offerta di lavoro. E ancora, pacchetti completi di politiche attive del lavoro indirizzati ai giovani svantaggiati può aiutare questi target group nella transizione scuola-lavoro; politiche specifiche ed interventi mirati per sostenere la transizione dei giovani lavoratori verso l’economia formale.Collaborazioni e risposte coordinate sono necessarie per accrescere l’impatto di politiche e strategie che hanno dimostrato di avere un effetto positivo sulla quantità e la qualità dei posti di lavoro per i giovani.Se vuoi saperne di più clicca sul Rapporto
Condividi su: