Cerca

Panoramica sulla discriminazione dei giovani nell’Unione Europea

24/08/2016 | News
Panoramica sulla discriminazione dei giovani nell’Unione Europea

Panoramica sulla discriminazione dei giovani nell'Unione Europea - - Agenzia Nazionale Giovani

Il diritto alla parità di trattamento è uno dei principi fondatori dell’Unione europea ed è riconosciuto come un diritto fondamentale di tutte le persone. Riferimenti si trovano nel Trattato di Lisbona come nella Carta dei diritti fondamentali dell’UE e, attraverso le Convenzioni internazionali, le Nazioni Unite, il Consiglio d’Europa e gli Stati membri si impegnano a realizzare l’uguaglianza e a combattere la discriminazione. Pubblichiamo un approfondimento sul Rapporto 2015 della Commissione europea “Overview of youth discrimination in the European Union”.

Obiettivo del Rapporto 2015 sulla discriminazione dei giovani nell’UE, in linea di massima di età compresa tra 15 e 25 anni, è quello di analizzare la discriminazione in due principali aree: la discriminazione per motivi di origine razziale ed etnica e la discriminazione basata sull’orientamento sessuale e l’identità di genere. La discriminazione basata sull’età è decisamente prevalente ma spesso si verifica in concomitanza con altre forme di discriminazione.
Sia a livello europeo che di Stati membri sono state intraprese azioni specifiche per affermare la parità di genere nel mondo del lavoro, per la proibizione della discriminazione per motivi di religione, disabilità, età, orientamento sessuale, razza e origine etnica, soprattutto nel mondo del lavoro e, nel 2008, la Commissione europea ha adottato una Direttiva sull’attuazione del principio di parità di trattamento fra le persone indipendentemente dalla loro religione, dalle convinzioni, dalla disabilità, dall’età o dall’orientamento sessuale al di fuori del mercato del lavoro.
I progressi compiuti sono stati possibili grazie ad un lungo periodo di relativa pace in Europa, all’allargamento dell’UE e alla prosperità economica. Tuttavia, l’inizio della crisi economica ha sottoposto questi valori ad una forte pressione: il successo economico e la crescita sono diventati priorità da raggiungere anche a costo di trascurare alcuni diritti fondamentali, tra cui l’uguaglianza.
Nonostante il lavoro svolto finora, la discriminazione continua ad essere un problema significativo: nel 2012, il 17% degli europei (vale a dire 85 milioni di persone) ha dichiarato di essersi sentito personalmente discriminato o molestato nei 12 mesi precedenti l’indagine e la discriminazione è percepita come diffusa da oltre metà della popolazione.
Gli appartenenti a minoranze sessuali (28% degli intervistati) o etniche (27% degli intervistati) hanno maggiori probabilità di subire discriminazioni rispetto al resto della popolazione. I giovani appartenenti a gruppi minoritari specifici sono particolarmente vulnerabili, poiché affrontano la discriminazione sia per la loro giovane età sia per le loro caratteristiche personali, come ad esempio l’orientamento sessuale, l’identità di genere o l’etnia.
La discriminazione si manifesta in molte forme, può essere diretta o indiretta, può colpire le persone in modi diversi procurando un fastidio minore o un impatto più devastante, che influenza il benessere e le possibilità di vita, provocando bassi tassi di istruzione e occupazione degli appartenenti a minoranze etniche, abbandono scolastico tra le giovani vittime di bullismo omofobico e suicidi.
Ecco perché l’uguaglianza è riconosciuta come uno dei fondamenti delle società democratiche, che puntano al successo non solo dal punto di vista economico ma anche per la loro capacità di essere coese, solidali, giuste e sicure a livello del singolo, della famiglia, della comunità e della regione. Un fallimento nell’affrontare il problema della disuguaglianza comporta la destabilizzazione delle nostre società, mina la coesione sociale e gli interessi economici dell’UE.
Non si tratta solo di eliminare la discriminazione nell’accesso all’istruzione e all’occupazione, ma anche di accrescere la qualità di quei sistemi. Per fare ciò, è necessario creare un ambiente inclusivo attraverso la formazione degli insegnanti, la creazione di reti giovanili, la sensibilizzazione sui diritti e le prospettive di questi gruppi vulnerabili.
Così si raggiunge il successo economico e sociale!

Infanzia, adolescenza e transizione verso l’età adulta sono periodi fondamentali per il nostro sviluppo: gran parte del nostro tempo è speso in istruzione, nella scuola dell’obbligo, nelle università e negli istituti professionali. L’educazione che riceviamo e le esperienze che viviamo formano la nostra percezione del mondo, il nostro modo di interagire con gli altri e determinano la nostra carriera e il nostro benessere. Questa fase è per molti un momento di apprendimento positivo, per altri non lo è altrettanto. Le esperienze ed il modo in cui studenti e giovani vengono trattati da coetanei, insegnanti e istituzioni nel loro complesso, possono influenzare negativamente la loro salute e le prospettive future. È il caso dei giovani LGBTI (Lesbiche, Gay, Bisessuali, Transgender, Intersessuali), delle persone provenienti da differenti gruppi etnici o razziali e da specifici gruppi religiosi: tutte queste persone possono sperimentare una vasta gamma di discriminazioni, bullismo e molestie. Spesso i materiali didattici utilizzati nelle scuole non riescono a riflettere la diversità della società che rappresentano; ad esempio, i libri di testo hanno solo immagini di europei bianchi, spesso le lezioni a scuola non riconoscono il ruolo che altre nazionalità e migranti hanno avuto sullo sviluppo di un Paese, ecc. La mancanza di riconoscimento di questi gruppi nel quadro istituzionale contribuisce all’isolamento e all’invisibilità dei giovani appartenenti proprio a quei gruppi e incoraggia la diffidenza e la discriminazione. Si rileva inoltre che i pregiudizi e la discriminazione sono esibiti non solo da parte degli studenti ma anche da parte degli insegnanti, ad esempio attraverso insulti, comportamenti minacciosi, minacce di brutti voti e offese ai genitori. Per quanto riguarda la discriminazione razziale, secondo lo European Network Against Racism (ENAR), in alcuni Stati membri si assiste anche ad un livello di “ghettizzazione”, che si verifica quando alcuni bambini migranti o appartenenti a minoranze etniche sono collocati in scuole diverse, o considerati con esigenze speciali, o inseriti in classi separate. Per quanto riguarda i giovani LGBT, l’ambiente li porta spesso a nascondere o mascherare il loro orientamento sessuale, mentre il 47% lo nasconde sempre. I giovani transgender possono trovare la scuola particolarmente difficile a causa della pressione dei pari, per ragioni di sicurezza, per la quasi totale mancanza di conoscenza delle questioni transgender. È così che la maggior parte dei giovani LGBT ritiene il “coming out” un pericolo per il benessere fisico ed emotivo. A questi motivi si aggiungono la dipendenza economica ed emotiva dai genitori e dagli adulti in generale, la mancanza di modelli positivi, il rifiuto di amici e familiari, la mancanza di istruzione e comunicazione sulle tematiche LGBT, di formazione degli insegnanti e dei genitori, il mancato riconoscimento del bullismo a scuola come problema.

Le statistiche sulla discriminazione nelle scuole a livello europeo sono scarse, ma una serie di studi dimostrano che la discriminazione è prevalente. Per quanto riguarda la vittimizzazione LGBT, un’importante indagine condotta dall’Agenzia dei diritti fondamentali dell’UE ha dimostrato che il 29% degli intervistati aveva sperimentato spesso commenti o condotta negativa a scuola per essere L, G, B o T, con un ulteriore 10% che aveva sempre vissuto tale esperienza. Il 47% dei giovani tra i 18 e 24 anni ha sempre nascosto di essere LGB o T a scuola e il 22% degli intervistati ha dichiarato di sentirsi discriminato dalla scuola o dal personale universitario (negli ultimi 12 mesi). Se si guarda alle statistiche sulla violenza, il 32% degli intervistati è stato fisicamente o sessualmente aggredito o minacciato negli ultimi cinque anni, il 30% ha dichiarato che il più grave episodio di molestie è avvenuto a scuola/università, con oltre due terzi che dichiara che tali comportamenti erano causati dal loro orientamento sessuale. Per quanto riguarda la discriminazione razziale ed etnica nelle scuole, la ricerca dell’Agenzia dei diritti fondamentali dell’UE ha dimostrato che una consistente percentuale (tra il 16% e il 32%) di persone rom, di origine africana ed ebrei era stata vittima di aggressioni con motivazione razziale, di minacce o molestie gravi. Per gli altri gruppi esaminati (nord africani, turchi, russi, ex-Jugoslavi) i tassi medi variavano tra il 3% e il 9%. Il 27% degli europei appartenenti ad una minoranza etnica ha riferito di essersi sentito discriminato per motivi di origine etnica nei 12 mesi precedenti l’indagine. La discriminazione verso i giovani può avere un impatto significativo e di lungo termine per la salute ed il loro benessere, per le prospettive future di carriera, per i livelli di povertà ed esclusione sociale.
Uno degli obiettivi della strategia Europa 2020 è quello di ridurre il tasso di dispersione scolastica al di sotto del 10%: la ricerca e le indagini mostrano chiaramente che la discriminazione aumenta la probabilità che i giovani abbandonino la scuola in anticipo. Per quanto riguarda i giovani provenienti da gruppi etnici, nel 2012 il tasso di abbandono scolastico dei giovani nati all’estero (25,4%) era, in media, più del doppio del tasso dei nativi (11,5%). La ricerca ha inoltre indicato che la discriminazione LGBT è stata un fattore determinante nella decisione di abbandonare la scuola (tra il 5% e il 10% degli intervistati), mentre il 13% aveva cambiato scuola, il 49% aveva perso l’anno più di una volta, il 62% ha scelto di non partecipare a dibattiti in classe, il 57% ha realizzato risultati inferiori e non ha acquisito le necessarie competenze. I giovani provenienti da un background etnico affrontano difficoltà simili: ad esempio, in Germania il doppio del numero di allievi con un background etnico di migrante ha raggiunto il livello più basso di competenze rispetto agli alunni non migranti. La discriminazione e il bullismo producono effetti negativi sulla salute dei giovani e sul loro benessere: più probabili sono le diagnosi di problemi di salute mentale, le vittime hanno una minore autostima, rischiano ansia, depressione, stress psicologico, comportamenti delinquenziali, vivono in un profondo isolamento, si auto-danneggiano e possono prendere in considerazione il suicidio. I giovani LGBT tendono ad avere una salute fisica più debole a causa del maggiore uso di alcol, droghe e/o di tabacco e di auto-medicazioni.

L’Unesco ha affermato che per combattere la discriminazione è necessario un approccio all’istruzione basato sui diritti umani, inclusivo e non discriminatorio. Sia la Commissione europea sia il Consiglio europeo hanno tratto conclusioni analoghe sulla necessità di un approccio globale, che si rivolga anche ai bisogni individuali. Questi sforzi devono essere mirati a garantire che si attuino politiche di non discriminazione e che tutti i responsabili siano formati a tal fine. È anche necessario sensibilizzare l’opinione pubblica sui benefici e l’importanza della diversità e dell’uguaglianza, nonché i gruppi discriminati sui loro diritti e su come possono farli valere. Secondo l’OCSE, sono tre i settori politici chiave che possono influenzare l’equità nell’istruzione: la progettazione dei sistemi di istruzione, le pratiche dentro e fuori la scuola, e come vengono allocate le risorse. Si tratta di garantire: un ambiente politico ed economico di supporto che fornisca risorse adeguate, lo sviluppo di strutture interdipartimentali, un impegno con i genitori e la società più ampia, piani d’azione e progetti. È importante sottolineare che in molti sistemi scolastici le risorse non vengono allocate equamente: le scuole più “svantaggiate” tendono ad avere classi più piccole, a soffrire di carenza di insegnanti, di carenza o inadeguatezza di materiale didattico e infrastrutture. Qualità della scuola e degli insegnanti, libri e attrezzature sono prerequisiti fondamentali per l’educazione, unitamente ad un programma nazionale di istruzione inclusivo. Insieme ad altri Paesi dell’UE, il Rapporto 2015 cita l’Italia per avere realizzato una serie di progetti di sensibilizzazione sulle tematiche LGBT, di formazione degli insegnanti e di sviluppo di manuali sull’educazione alla diversità. Dal punto di vista delle questioni razziali ed etniche, il focus principale è sullo sviluppo delle competenze linguistiche e la designazione di insegnanti adeguatamente qualificati. Tuttavia, questo approccio dovrebbe essere connesso ad una maggiore attenzione alla necessità di incoraggiare l’accettazione della diversità e comprendere differenti valori culturali. È particolarmente importante che gli insegnanti ricevano una formazione adeguata per gestire in modo efficace i problemi di discriminazione, affinché i conflitti possano essere trasformati in opportunità di insegnamento e si offrano spazio agli studenti per discutere e scoprire i temi della diversità. Spazi di discussione e confronto, ma anche spazi fisici che consentano a gruppi specifici, e non, di riunirsi in un ambiente sicuro e di impegnarsi in difesa degli studenti.

In questi ultimi anni l’attenzione è stata focalizzata sulla crisi economica e sui tassi di disoccupazione giovanile, ma anche la non discriminazione e il benessere dei giovani nel mondo del lavoro sono elementi chiave per costruire una crescita intelligente, sostenibile e inclusiva nell’UE. Quando i giovani sono vittime di discriminazione multipla, non solo sono danneggiate le loro opportunità di trovare lavoro, ma si evidenziano anche gravi ripercussioni sulle loro esperienze nei luoghi di lavoro, le prospettive all’interno della società, il loro senso di autostima e la loro salute mentale, producendo un impatto sulla produttività e la competitività delle imprese stesse. Per molti giovani LGBT o appartenenti a minoranze etniche il posto di lavoro può essere un luogo di frustrazione: lì si possono incontrare bullismo, molestie, insulti, scherzi, ci si può spaventare e si possono subire lesioni fisiche. Le progressioni di carriera e le promozioni possono essere rallentate o impedite e si può addirittura perdere il posto di lavoro a causa delle proprie caratteristiche personali. Inoltre, la discriminazione subita dalle persone transgender sul posto di lavoro è particolarmente allarmante ed il loro livello di disoccupazione è di molto superiore a quello della popolazione non-transgender. Secondo l’Agenzia dei diritti fondamentali dell’UE, uno su cinque (19%) tra i giovani di 18-24 anni impiegati nei 12 mesi precedenti l’indagine ha dichiarato di essersi sentito personalmente discriminato sul posto di lavoro negli ultimi anni perché era LGBT; questa percentuale si riduce progressivamente con il crescere dell’età (l’11% per le persone di oltre 55 anni di età). Se ne deduce che i giovani LGBT hanno maggiori probabilità di essere esposti a discriminazioni sul posto di lavoro. Due terzi degli intervistati, con un lavoro retribuito in un qualsiasi momento nel corso degli ultimi cinque anni, ha assistito a commenti o condotta negativa nei confronti di un collega percepito come LGBT, mentre il 67% dei giovani di 18-24 anni ha sperimentato un atteggiamento negativo nei confronti delle persone LGBT nel corso degli ultimi cinque anni di lavoro. Tra gli intervistati che avevano un lavoro retribuito in un qualsiasi momento nel corso dei cinque anni precedenti l’indagine, almeno 7 su 10 transgender non ha mai, o raramente, dichiarato apertamente di essere LGBT sul posto di lavoro nei cinque anni precedenti l’indagine. Un’altra indagine ha accertato che gran parte dei giovani LGBT (83%) si sono sentiti lasciati fuori o isolati più di una volta nel luogo di lavoro; il 61% ritiene che le esperienze di bullismo e discriminazione abbiano limitato la loro progressione di carriera. Il ruolo del manager può essere di fondamentale importanza nel determinare l’esperienza dei giovani lavoratori LGBT, sia positivamente che negativamente: alcune rilevazioni indicano che i manager creano spesso ostacoli alle iniziative dei datori di lavoro per la creazione di un ambiente inclusivo. Secondo la ricerca dello European Network Against Racism (ENAR), la discriminazione basata su motivi etnici o razziali nel mercato del lavoro è considerata come un fenomeno importante e diffuso, con conseguente danno a carico di alcuni gruppi in tutta Europa. Molti sono i fattori che influenzano la discriminazione: i contesti nazionali e locali, lo status giuridico del singolo (migrante o nazionale), i livelli di istruzione e di abilità dei singoli, ecc. Inoltre, in termini generali, questo gruppo di lavoratori è più esposto ad essere impiegato come manovalanza rispetto alla maggior parte della popolazione. Questa situazione è spesso collegata al dover lavorare in condizioni precarie, che violano le norme sulla salute e sulla sicurezza. Nel complesso, la portata e la natura della discriminazione nei confronti di entrambi i gruppi possono avere un forte impatto sul loro benessere, la produttività e le progressioni di carriera.

Nel mercato del lavoro i giovani soffrono di discriminazione multipla: per via della loro età e per alcune caratteristiche individuali, come l’etnia, la religione, l’orientamento sessuale o l’identità di genere. Così come avviene per la discriminazione nel campo dell’istruzione, il bullismo e le molestie sul posto di lavoro e gli ambienti non inclusivi hanno elevati impatti psicologici, sulla salute, la produttività, la creatività e l’innovazione degli individui, sulla loro fiducia, sulla volontà di proporre nuove idee, sulla motivazione al lavoro, la lealtà verso l’organizzazione e sulle probabilità di rimanere. Dove le progressioni di carriera dipendono dai contatti e dalle reti create all’interno di un’organizzazione, essere LGBT influenza le proprie prospettive di carriera. Per i lavoratori appartenenti a minoranze etniche, la natura della discriminazione si traduce in bullismo, esclusione dalle discussioni, ecc., e gli effetti sono simili a quelli vissuti dai giovani LGBT. È stato dimostrato che la razza ha un effetto sulla valutazione delle prestazioni di lavoro, sulla condizione statica della propria carriera, sul livello di accettazione nell’organizzazione e sul grado di autonomia dei dipendenti. Nel complesso, si può affermare che la discriminazione verso questi gruppi non impatta solo sulla salute e l’inclusione sociale dei giovani lavoratori, ma può anche avere ripercussioni sui loro stipendi e sulle progressioni di carriera. Inoltre, non affrontare la discriminazione produce un danno alle aziende stesse, riducendo la produttività, aumentando il rischio di assenteismo, provocando un tasso di turnover più elevato, la perdita di personale ad alta prestazione e la mancata assunzione del personale migliore.

La discriminazione individuale, culturale e istituzionale nei luoghi di lavoro richiede un approccio globale e partecipativo: si tratta di ridurre la discriminazione verso le persone e accrescere l’accettazione sociale dei gruppi non conformi alle norme percepite. Il punto di partenza è un quadro legislativo completo ed efficacemente attuato in tutti i Paesi che vieti la discriminazione in materia di occupazione. A livello comunitario si può fare riferimento alla Direttiva quadro sull’uguaglianza nell’occupazione, che vieta la discriminazione nei luoghi di lavoro per motivi di disabilità, orientamento sessuale, religione o convinzioni personali, età, razza e origine etnica, e alla Direttiva sull’uguaglianza razziale, che va anche oltre l’occupazione. La Commissione europea ha recentemente riscontrato che entrambe le direttive sono state recepite nelle legislazioni nazionali in tutti gli Stati membri. Uno studio dimostra che i datori di lavoro manifestano esitazione in merito all’assunzione di lavoratori più giovani, dichiarando che: le persone più grandi hanno le giuste competenze, approccio ed energia; l’esperienza è importante; i giovani non possono supervisionare/gestire le persone di età superiore; è possibile che i giovani non siano in grado di svolgere quel determinato lavoro. I lavoratori più giovani soffrono anche a causa di stereotipi sul posto di lavoro perché percepiti come irresponsabili, inaffidabili, mancanti di competenze e conoscenza del mondo del lavoro. Anche le molestie nei confronti dei giovani sono state ritenute un problema. Il risultato è che ai giovani non sono garantire pari opportunità di accesso all’occupazione e, una volta impiegati, non beneficiano di un trattamento pari a quello riservato ad altri lavoratori. L’eliminazione della disoccupazione giovanile è un problema affrontato ampiamente in tutti gli Stati membri. Ad esempio, in Germania è stato creato un programma specifico volto ad aiutare i giovani disoccupati senza formazione professionale ad ottenere una laurea, al fine di aumentare le loro possibilità di trovare un lavoro. Sistemi simili, e l’introduzione di incentivi finanziari per i datori di lavoro, favoriscono l’occupazione giovanile, e sono stati adottati in Francia, Italia e Grecia, talvolta seguiti anche da misure che rafforzano le competenze dei giovani lavoratori. Mentre risultano abbondanti le misure individuate per superare la barriera iniziale e stimolare i giovani nel mondo del lavoro, sono invece scarse le azioni, l’informazione e le politiche mirate all’eliminazione delle discriminazioni sul posto di lavoro. Diversi paesi con una forte società civile e organizzazioni sindacali hanno creato partnership per sviluppare linee guida, manuali e formazione per i datori di lavoro. Nei luoghi di lavoro sono necessarie iniziative specifiche che garantiscano che le leggi siano monitorate e rafforzate, attraverso: il monitoraggio delle procedure adottate dai datori di lavoro, ispezioni e follow-up, azioni appropriate in termini di guida, avvertenze e, infine, azioni giudiziarie. Alcune organizzazioni nel Regno Unito hanno pubblicato guide sull’età e il posto di lavoro per i datori di lavoro e i dipendenti, hanno sviluppato sia indicazioni per i datori di lavoro sulle politiche inclusive LGBT sia un Indice di uguaglianza sul posto di lavoro, che ha visto la partecipazione di più di 800 organizzazioni nel corso degli ultimi dieci anni, impegnate a trasformare i loro luoghi di lavoro in ambienti inclusivi per le persone LGBT. La ONG Stonewell ha anche evidenziato i dieci settori in cui i datori di lavoro dovrebbero attuare politiche inclusive, tra cui: assunzioni e promozioni; bullismo e molestie; formazione; sviluppo della carriera; sostegno alla comunità locale. Questa serie di azioni sono considerate come universali e possono essere facilmente trasferite ad altre forme di discriminazione. Un altro elemento importante nella lotta contro la discriminazione verso i giovani basata sull’età nel mondo del lavoro è certamente la promozione della solidarietà tra le generazioni, che può accrescere il progresso e, al tempo stesso, garantire un meccanismo di sostegno agli scambi reciprocamente vantaggiosi tra generazioni.
 

 

Articoli Recenti

Condividi su: